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martedì 24 gennaio 2012

Questo per dire che le nostre prese di posizione sull'attuale PGT non sono solo nostri punti di vista...

L'allarme a Bergamo
Forte presa di posizione di agronomi e forestali bergamaschi sulla disciplina delle aree agricole nel Piano territoriale di coordinamento provinciale e nei piani generali del territorio.

Agricoltura: in 10 anni persi più di 22mila ettari


Entra nel vivo in Bergamasca il dibattito circa l’attesa variante al Piano Territoriale di Coordinamento Provinciale (PTCP), finalizzata all'individuazione degli ambiti destinati all’attività agricola d’interesse strategico, come previsto dalla normativa regionale in materia di governo del territorio.
“In base alla legge regionale n. 12 del 2005 – ricorda Mario Carminati, vicepresidente dell’Ordine dei dottori agronomi e dottori forestali della provincia di Bergamo – gli ambiti agricoli strategici rappresentano le parti del territorio che negli anni a venire dovranno restare agricole e non potranno essere destinate a nessun altro uso nell’ambito dei piani di governo del territorio adottati dai comuni. In seno all’amministrazione provinciale si sta ora per giocare una partita di cruciale importanza per il futuro del settore primario e, più in generale, dell’intero territorio bergamasco. La nuova versione del PTCP che scaturirà dal processo istituzionale in corso stabilirà quali terreni saranno permanentemente dedicati all’esercizio dell’agricoltura e quali potranno essere oggetto di trasformazione urbanistica, sia essa a fini industriali, commerciali o residenziali”.

L’Ordine degli agronomi bergamaschi fa notare che in Italia il consumo irreversibile di suolo continua da decenni con ritmi insostenibili: secondo recentissimi dati Ersaf, nella sola provincia di Bergamo dal 1955 al 2007, abbiamo perso oltre 37mila ettari di superficie agricola, vale a dire circa 20.000 metri quadrati al giorno per 52 anni. Questa superficie è in gran parte stata edificata o in qualche modo urbanizzata e quindi definitivamente persa rispetto al suo uso agricolo o ad una più generica fruizione rurale.
“Gli stessi dati degli ultimi dieci anni sul consumo del suolo nella nostra provincia appaiono tutt’altro che confortanti – fa notare Carminati -. Le risultanze del recente censimento generale dell’agricoltura italiana mostrano infatti che la superficie agricola utile in Bergamasca è passata da quasi 93.000 ettari nel 2000 a 70.800 ettari nel 2010. Un’accelerazione non indifferente nel consumo di suoli rispetto ai decenni precedenti: tutto ciò porta con sé, oltre alle evidenti conseguenze in termini di contrazione dell’economia agricola provinciale e del turismo, ad una serie di effetti potenzialmente assai negativi sotto il profilo ambientale. La dilapidazione di una risorsa non rinnovabile quale il suolo, infatti, comporta una più evidente fragilità di tutto l’assetto idrogeologico del nostro territorio, con accresciuta possibilità di frane ed allagamenti anche in presenza di precipitazioni non eccezionali. La contrazione del territorio rurale comporta inoltre un mancato immagazzinamento di anidride carbonica nel suolo con impatto sul clima, riflessi sui cicli dell’acqua e perdita di biodiversità”.
Purtroppo questi fenomeni – rileva l’Ordine bergamasco - non sempre sono chiaramente visibili agli occhi del cittadino: a fronte della drammatica riduzione di suolo su scala nazionale, la produzione agricola resta infatti alta grazie a tecniche di coltivazione che spesso tendono ad impoverire i nostri suoli e a banalizzare i paesaggi. Inoltre i cibi possono comunque arrivare facilmente sulle nostre tavole, a volte viaggiando per migliaia di chilometri, con relativo dispendio di energia e perdita di potere nutritivo. “In altri termini – spiega Carminati - la nostra società può apparentemente permettersi di consumare suolo perché compensa questo crescente deficit ambientale con forme di agricoltura ad alto input energetico e contemporaneamente acquisisce parte del suo fabbisogno alimentare da terre situate altrove. Ma quando i maggiori costi energetici e la competizione della popolazione mondiale che aumenta ed incrementa anche il proprio tenore di vita non lo rendessero possibile con altrettanta facilità, quali scenari si aprirebbero per la nostra economia e la nostra stessa sussistenza?”.
Per tale motivo – conclude l’Ordine - auspichiamo che il dibattito su questi temi possa occupare un ruolo centrale in vista delle scelte pianificatorie che attendono ora la Provincia e i comuni bergamaschi, rispettivamente con la definizione degli ambiti agricoli strategici e nella predisposizione dei Piani generali del territorio che ancora restano da adottare.

fonte Bergamonews

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